Capita, ormai, con una certa frequenza che il proprietario di un immobile locato si trovi in difficoltà a causa dell’inquilino, non soltanto moroso, ma anche irreperibile.

È, difatti, comprensibile il disagio, il danno, non soltanto patrimoniale, ma anche morale, in cui versa il locatore che, da un momento all’altro, si ritrova in tal situazione, di completa incertezza.

È da ricordare che, ogni azione intrapresa dallo stesso arbitrariamente, potrebbe essere intesa come condotta perseguibile penalmente, o più precisamente, come condotta integrante l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, reato descritto e regolamentato dagli artt. 392 e 393 del codice penale.

Si pensi, ad esempio, al semplice cambio della serratura, e/o all’impossessarsi nuovamente dell’immobile di proprietà senza aver dato alcuna comunicazione al conduttore, e/o nella peggior delle ipotesi liberare l’immobile dai beni di proprietà del conduttore, e/o cambiare o staccare le utenze a suo nome. 

Sono tutte queste azioni, facilmente azionabili dal locatore, ma certamente perseguibili penalmente ed utilizzabili dal conduttore quali possibili ragioni per un eventuale richiesta di risarcimento del danno (Cass. n. 41675/2012).

Pertanto, alla luce di quanto sin qui esposto, il primo consiglio utile che può darsi al locatore, qualora si dovesse ritrovarsi in una simil situazione, è quello di rivolgersi al proprio legale di fiducia che valuterà tutti gli aspetti, le azioni e le maggiori tutele da apprestare al fine di tutelare il suo assistito e reimmettere lo stesso nel possesso del bene immobile di sua proprietà.  

Ad ogni modo, il locatore ricorderà che il contratto di locazione si può certamente risolvere solo alla scadenza indicata nello stesso e concordata con il conduttore, oppure in caso di disdetta da una delle parti, mandata attraverso lettera raccomanda A/R con un preavviso di sei mesi all’altra parte ( nel caso di contratto di locazione ad uso abitativo), o per giusta causa nei casi e nei termini previsti dalla legge, o infine, per comune volontà delle parti.  

Orbene, in questa sede si forniranno solo alcune delle informazioni che potranno essere utili al locatore nel caso in cui dovesse ritrovarsi nell’ipotesi di cui sopra, ossia qualora, l’inquilino, si dovesse rendere irreperibile, irrintracciabile sia personalmente che telefonicamente, non abbia lasciato le chiavi dell’appartamento e non abbia comunicato nulla nemmeno ai vicini di casa.

In questi casi, sebbene difficile da comprendere per un locatore in preda al disagio, allo sconforto, alla rabbia, l’unica soluzione risulta essere la procedura di sfratto per morosità prevista e regolamentata dall’art.658 co. 1 del codice civile.

Il primo atto che il legale invierà per attivare tal procedura, consisterà probabilmente in una lettera di messa in mora, o diffida ad adempiere, con la quale inviterà il conduttore al pagamento immediato dei canoni di locazione non versati entro un certo termine, ed al conseguente rilascio dell’immobile de quo..

L’invio di questa comunicazione è di solito effettuato con raccomandata con ricevuta di ritorno ( o tramite lo strumento digitale, ormai equiparabile, ossia la Pec, qualora fosse possibile).

L’atto che seguirà la diffida ad adempiere consiste nell’intimazione di sfratto per morosità, con contestuale citazione in udienza per la convalida, nonché ingiunzione di pagamento dei canoni di locazione scaduti e non versati.

Più in particolare, con tal procedura, il locatore potrà richiedere, mediante l’assistenza, rappresentanza e difesa in giudizio del proprio avvocato, non soltanto lo sfratto dell’inquilino moroso e quindi il rilascio dell’immobile locato, ma anche il decreto ingiuntivo per il recupero dei canoni di locazione scaduti e non versati.

A questo punto potrà accadere che:

  1. Il conduttore, citato regolarmente a comparire nei termini e nei modi previsti dalla legge, comparirà all’udienza e non si opporrà, ma chiederà semplicemente il termine di grazia al fine di pagare i canoni di locazione arretrati, oppure non comparirà.

In questo caso, il giudice potrà convalidare lo sfratto ed ordinare il rilascio dell’immobile; nonché qualora fosse richiesto, emettere decreto ingiuntivo con il quale ingiungerà al conduttore la somma da versare al locatore quale pagamento dei canoni di locazione, interessi di mora, spese del procedimento, compresi onorari, Iva e Cpa.

Il giudice potrà concedere il termine di grazia, per un periodo non superiore a novanta giorni e fissare l’udienza non oltre i dieci giorni successivi.

Ovvio che, nonostante la convalida di sfratto e l’ordine di rilascio dell’immobile alla data indicata nel provvedimento, se l’inquilino non avrà lasciato l’immobile, il locatore non potrà farsi giustizia da sè, ma occorrerà procedere con la notifica di un atto di precetto con cui si richiederà nuovamente il rilascio dell’immobile, pena l’esecuzione forzata.

Quest’ultima si concretizzerà con la “monitoria di sgombero”: l’Ufficiale Giudiziario comunicherà all’inquilino una data in cui, insieme al proprietario e/o al suo legale, si recheranno presso l’immobile e procederanno anche con l’apertura forzosa, qualora sarà necessario.

L’Ufficiale Giudiziario redigerà verbale di rilascio, e qualora vi fossero beni dell’inquilino, il proprietario dovrà provvedere a proprie spese a sgomberare l’immobile e custodirle fino al ritiro. Si potrà ovviamente rivalere sull’inquilino, ma sul punto occorrerà valutare bene la situazione poiché qualora lo stesso fosse senza occupazione, ottenere rivalsa o risarcimento danni sarà praticamente impossibile.

  1. L’inquilino si presenterà all’udienza e si opporrà alla convalida di sfratto.

A questo punto il giudice potrà:

–   convalidare lo sfratto;

–  non concedere lo sfratto, ma solo l’ordinanza di rilascio dell’immobile e procedere con il rito ordinario affinchè si potranno valutare le ragioni di opposizione dell’inquilino;

– non concedere né sfratto, né rilascio dell’immobile e rimandare al più lungo e costoso rito ordinario.

 

Avv. Elisabetta Caridi