Locazione in tempo di covid-19
Affitti degli studenti universitari
24 Aprile 2020
Gli studenti universitari devono continuare a pagare l’affitto durante l’emergenza sanitaria covid-19?
L’emergenza sanitaria ha determinato il Governo, con l’aiuto e la guida della Comunità Scientifica, a emettere una serie di provvedimenti finalizzati al contenimento della diffusione del corona virus “covid-19”, arrivando fino al così detto “lockdown”, cioè alla chiusura di tutte le attività lavorative, non ritenute di prima necessità e il divieto di spostarsi dalla propria residenza se non per motivi urgenti.
Questa chiusura ha determinato, tra le altre, anche quella delle Università con la conseguenza che molti studenti, fuori sede, hanno momentaneamente lasciato la loro abitazione, condotta in locazione, per fare ritorno alla casa dei familiari.
In questa situazione di emergenza sanitaria, gli studenti o i loro genitori, devono continuare a pagare l’affitto?
Purtroppo la risposta è si se non si raggiunge un accordo con il proprietario!
Il Governo, nei vari Decreti emessi, non ha affrontato la vicenda e non ha disciplinato questo aspetto per cui i contratti di locazione (di affitto) sono rimasti invariati ed efficaci e quindi gli studenti universitari o chi per loro, dovranno continuare a pagare il relativo canone e tutte le altre spese a esso correlate.
Questa situazione si delinea però se non c’è accordo tra il locatore che spesso coincide col proprietario della casa o della stanza che occupa lo studente e quest’ultimo o chi per lui.
Lo studente potrebbe fare appello alle norme del Codice Civile e in particolare all’art. 1256 che stabilisce che “L’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.”.
Questo vuol dire che se lo studente non può continuare a pagare l’affitto (perché ad esempio ha anche sospeso il lavoro se lavoratore dipendente oppure se i genitori non possono più sostenere la spesa), può recedere dal contratto di locazione, dando un preavviso, al proprietario, nel termine indicato in contratto o in mancanza in quello previsto dalle Leggi che regolano la materia.
Il secondo comma del menzionato articolo dispone che “Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’inadempimento” e quindi in caso di ritardo nel pagamento delle pigioni di affitto, lo studente non potrà essere costretto a pagare anche una ulteriore somma di denaro, oltre al canone, a titolo di risarcimenti del danno o a titolo di interessi moratori.
Diversamente, se lo studente vuol continuare nel rapporto di locazione in vista di una ripresa delle attività universitarie, può chiedere al locatore una riduzione della pigione di affitto, confidando nel suo buon senso.
Dal canto suo il proprietario, concedendo una riduzione del canone di locazione, si assicura comunque un introito mensile (anche se ridotto) che in caso di risoluzione non verrebbe più a percepire e si troverebbe con un appartamento vuoto e improduttivo e nello stesso tempo conserva il contratto e la possibilità di tornare alla pigione originaria e piena, alla fine dell’emergenza sanitaria.
Peraltro, se viene raggiunto l’accordo sulla riduzione del canone, il proprietario può registrare detto accordo, nel termine di 30 giorni, alla Agenzia delle Entrate e conseguentemente pagare le tasse sul canone ridotto, utilizzando il Modello 69, presente sul sito dell’Agenzia.
La registrazione dell’accordo raggiunto, ai sensi dell’art. 19 del D.L. n. 133/2014, è esente da imposte di registro e di bollo.
Molti proprietari si sono mossi nel senso sopra illustrato e alcune Regioni, come ad esempio la Sicilia, il Lazio, la Toscana, hanno stanziato dei fondi, a favore degli studenti universitari fuori sede, versando loro, attraverso il meccanismo del bando che prevede determinate condizioni, una somma di denaro, una tantum, per far fronte alle spese.
Avv. Massimo Baglieri